Tratto dalla mostra L’Italia di Giovanni Spadolini II: gli anni dello storico e del giornalista (1948-1972) alla Fondazione Spadolini Nuova Antologia

Giovanni Spadolini: il giornalista e lo storico che raccontò un’Italia in cambiamento

Sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, nella Biblioteca Spadolini Nuova Antologia, una mostra racconta gli anni in cui Giovanni Spadolini si dedicò al giornalismo e alla storia, gettando le basi per il suo impegno culturale e politico. Intitolata L’Italia di Giovanni Spadolini II: gli anni dello storico e del giornalista (1948-1972), l’esposizione offre uno sguardo ravvicinato alla vita e al lavoro di un uomo che fece della scrittura il suo strumento di dialogo con il Paese.

Tra macchine da scrivere e contestazioni

Varcare la soglia della mostra è come entrare nella redazione di un giornale degli anni 50 e 60. Al centro, l’inseparabile macchina da scrivere Olivetti Lexicon 90, fedele compagna di Spadolini, appoggiata sulla scrivania appositamente disegnata dal fratello architetto Pierluigi e tutt’intorno pagine di giornali, lettere, telegrammi, opere d’arte, fotografie in bianco e nero.

La mostra è raccontata per episodi che riguardano lo Spadolini storico e lo Spadolini giornalista, come quello che avviene mentre è direttore del Corriere della Sera. Durante le contestazioni del 1968, i manifestanti filomaoisti di Milano scagliarono sassi contro la sede del giornale, uno ruppe un vetro e sfiorò il direttore, che nella notte del Venerdì santo si era trattenuto a parlare con alcuni tipografi.

La notizia fu data dal Corriere con una sola colonna, quasi nascosta in cronaca, di taglio medio, con il titolo “Chiassata dei filo cinesi con sassaiola in via Solferino”: segno dei tempi e dello stile che pur sopravviveva all’asprezza dell’epoca.

Quel sasso, conservato ed esposto dallo stesso Spadolini sulla sua scrivania di direttore, oggi non è solo il simbolo delle tensioni sociali dell’epoca, ma anche un monito sull’importanza della libertà di stampa e ci ricorda che Spadolini, in quel contesto, si trovò a navigare tra le richieste di una società in fermento e la necessità di mantenere il giornale un luogo di confronto civile.

Dal Messaggero al Corriere

Spadolini iniziò a scrivere giovanissimo, collaborando con Il Messaggero di Roma. A soli 23 anni, pubblicò il suo primo articolo, mostrando da subito una straordinaria attenzione per i dettagli e una capacità di analisi fuori dal comune. Dopo collaborazioni con diverse testate, fra le quali Il Mondo di Mario Pannunzio ed Epoca di Alberto Mondadori, nel 1955 divenne direttore de Il Resto del Carlino, portando in 13 anni il giornale bolognese al raddoppio della tiratura (da 100mila a 200mila copie) e a un ruolo centrale nel panorama nazionale. Lo lasciò per assumere la direzione del principale quotidiano italiano, Il Corriere della Sera, dal 1968 al 1972.

In via Solferino, Spadolini si trovò spesso sotto i riflettori, non solo per la qualità dei contenuti ma anche per la sua gestione di temi scottanti, come i movimenti studenteschi del Sessantotto, la strage di piazza Fontana, le prime elezioni regionali e l’avvio dei movimenti ambientalisti, dai quali raccolse la denuncia dello scempio cui sarebbe andata incontro la laguna di Venezia con l’insediamento industriale di Porto Marghera, con articoli di giornalisti e scrittori come Indro Montanelli e Dino Buzzati. Spadolini e Montanelli finirono in Tribunale per quei pezzi, ma da lì a poco la politica fu costretta a interrogarsi su come tutelare e difendere un patrimonio mondiale come Venezia.

Quando, nel 1972, con un blitz, gli editori decisero di sostituire Spadolini, arrivarono al direttore lettere di stima e ringraziamento dai principali nomi della cultura e del giornalismo dell’epoca, come Renato Guttuso, Leonardo Sciascia ed Enzo Biagi. Da quel momento, Spadolini iniziò l’attività politica direttamente, diventando, fra l’altro, il primo ministro dei beni culturali dell’Italia repubblicana, anche se storico e giornalista lo fu sempre.

Cultura per tutti

La mostra non si limita a raccontare il giornalista, ma esplora anche l’impegno di Spadolini per la divulgazione culturale, resa costante anche dirigendo la rivista Nuova Antologia dal 1955 fino alla morte. Come docente di Storia contemporanea alla facoltà di scienze politiche Cesare Alfieri di Firenze, promosse l’idea di una cultura accessibile, capace di raggiungere tutti, indipendentemente dall’origine sociale.

Tra i cimeli esposti, la lettera datata 1950 del preside della facoltà, Giuseppe Maranini, per comunicare a Spadolini che era stato scelto per insegnare Storia contemporanea, i suoi piani di studio e fotografie goliardiche dell’Ordine del Cilindro, che rivelano un lato più leggero e umano del professore. La Cesare Alfieri rimase un punto di riferimento nella vita di Spadolini, accompagnandolo fino alla sua scomparsa nel 1994, anche se dal 1968, con la direzione del Corriere, era in aspettativa non retribuita.

Spadolini viene ricordato anche come studioso del socialismo e dei movimenti cattolici, con libri come Il Papato socialista, L’opposizione cattolica, Giolitti e i cattolici e Il Tevere più largo, la fortunata formula con cui capì e descrisse per primo il cambiamento del Vaticano verso il Risorgimento, dopo l’avvento di papa Giovanni XXIII.

Perché visitare la mostra

L’esposizione, visitabile gratuitamente fino a giugno 2025, è un viaggio tra storia e memoria, che offre spunti di riflessione sull’importanza del giornalismo come motore di cambiamento e custode della democrazia.

Informazioni pratiche

La mostra si trova alla Biblioteca Spadolini Nuova Antologia, in via Pian dei Giullari 36, Firenze. È aperta dal lunedì al giovedì, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17. Sono possibili visite guidate su prenotazione, ideali per scuole e associazioni (autobus 38 da Porta Romana). Per ulteriori dettagli, è possibile contattare la biblioteca al numero +390552336071, scrivere a [email protected] o consultare il sito web di Fondazione Spadolini Nuova Antologia.


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